Mash

Comunque il mio lavoro non è tutto arance e fiori,queste cianfrusaglie tra le quali si riconosce una batteria da auto un’estintore,una cintura da sub ecc. risalgono alla prima grande nevicata che ho vissuto a Milano credo nel ' ? ,l'era del digitale per gli effetti speciali in . Italia è ancora lontana,non so se per ignoranza o per gli alti costi della post –produzione,fatto sta che ad una cena di lavoro vengo coinvolto in uno degli effetti speciali dove abbiamo rischiato di più, io il penale e il modello l’ospedale. Mash,abbigliamento jeans,il set è un camerino per la prova abiti di un negozio, il modello dopo aver indossato i jeans apre gli sportelli tipo saloon che formano la scritta Mash, assume la classica posa da Superman e vola via in cielo lasciando dietro di se la scia bianca di due propulsori come se fosse un razzo. Purtroppo mentre sto lavorando a questa pagina ancora non sono riuscito a sapere quali sono le regole per pubblicare sul web nomi e foto di cose o persone fisiche e per il momento mi limito al minimo indispensabile.Lo storybord non è dei più semplici e i giorni a disposizione sono pochi per preparare l’ ”accrocco” come si dice in gergo ,meccanismo sperimentato e costruito appositamente per realizzare un effetto speciale,è infatti Venerdì e il tutto deve funzionare il Giovedì successivo,indovinate come ho passato l’weekend.


Non mi è facile spiegarvi come si è sviluppato l’accrocco ma ci provo, il modello è in piedi di fronte alla MdP, è semiseduto su un sellino da bicicletta con la punta tagliata per evitare che si veda in mezzo alle gambe,dove lo hanno capito anche le donne, il sellino è saldato ad una spalliera di ferro con due ganci proprio all’altezza delle spalle e il modello senza camicia viene “fissato” alla spalliera con la cintura da sub, dai ganci partono due cavetti d’acciaio che sbucano da due fori praticati nella giacca che il modello indossa inglobando la spalliera.Se sollevassi adesso da terra il modello si inclinerebbe in avanti almeno di 45°,ma dato che deve volar via come superman lasciando però le due strisce di fumo bianco è ovvio che dietro la schiena deve averci un meccanismo che libera il fumo e nello stesso tempo controbilancia il peso del modello seduto a sbalzo sul sellino rispetto al baricentro costituito dalla spalliera dove sono attaccati i cavetti. Perciò in asse al sellino e quindi perpendicolare alla spalliera come se il ragazzo avesse una coda di ferro di c.a. 50 cm sono alloggiati in fila due estintori ed una batteria da auto ma il tutto è invisibile perché impallato dal corpo del ragazzo dato che la MdP è di fronte a lui. Infatti per fare due getti bianchi e potenti niente di meglio che due estintori a C O 2, sono corredati perfino del tromboncino orientabile per dirigere i due getti in modo simmetrico e scenografico. Dato che il ragazzo deve prima uscire dal camerino e poi spiccare il volo l’unico sistema che ho trovato per “accendere i razzi” al momento giusto è stato quello di collegare le maniglie degli estintori a due elettrocalamite ricavate dai motorini di avviamento della Fiat 850,potenti e affidabili, e da queste la necessità di piazzare anche una batteria da auto che fungeva anche da contrappeso regolabile come se il modello fosse seduto sul piatto della”stadera” ,quel tipo di bilancia portatile che usavano i fruttivendoli e pescivendoli ambulanti.


Io continuo a scrivere, a chi non interessa “salta”. Le elettrocalamite venivano comandate da un radiocomando, non tanto per “accendere” gli estintori ma quanto per spegnerli quando Superman rimaneva sospeso oscillando a 5 mt da terra sopra di noi ,l’autonomia degli estintori permetteva infatti di girarne due o tre buone con getto potente e per la sostituzione occorreva tempo e denaro e come sapete le stessa scena va ripetuta molte volte per molteplici motivi, all’inizio ad esempio il ragazzo non era abbastanza felice e sorridente per i bei jeans appena indossati, ma non è facile specie dopo la prima volta sorridere beato sapendo che da un momento all’altro sarebbe stato strappato da terra assieme a c.a. 40 kg di accrocco per mezzo di due cavetti finissimi d’acciaio verniciati d’azzurro come il fondale per renderli invisibili. Considerando i giorni a disposizione , nel preparare gli accrocchi inevitabilmente spendo poco tempo nella ricerca dei materiali,generalmente uso quello che già conosco e di facile reperibilità e questo perché fin dall’inizio “supponiamo” che funzioni,ma se così non è dopo aver buttato al vento un paio di giorni non è bello cambiare totalmente strada e lavorare col fiato sul collo per presentarti in un teatro già noleggiato,con luci e MdP noleggiate,con una troupe di almeno trenta persone da pagare anche se l’accrocco non funziona ,e se funziona male anche gli straordinari insieme alla pellicola “buttata”… beh, vi posso sinceramente dire che per uno che sente le responsabilità come me è roba da ulcera ed è questo uno dei motivi per i quali ho deciso di non continuare la strada degli effetti speciali. Tornando quindi ai materiali ho pensato di appendere il tutto usando due cavetti che vengono usati per la frizione del motocarro Ape Piaggio ,i più lunghi che ho trovato di quella sezione calcolata ad intuito e che fortunatamente hanno retto benissimo. Erano infatti lunghi a sufficienza per tenere il trapezio di ferro che li collegava alla fune fuori campo in alto, fuori cioè dall’inquadratura, la fune andava fino ad una carrucola fissata al soffitto del teatro(inteso come studio cinematografico),proseguiva poi orizzontalmente per altri 10 mt ad una seconda carrucola per poi ridiscendere di fianco ad una torretta (tipo impalcatura da muratori) a c.a. 5 mt da terra, alla fune erano stati legati tanti pesi che quasi bilanciavano il peso del modello + l’accrocco e quindi oltre il quintale,ma non “tiravano” troppo per permettere al modello di camminare normalmente mentre usciva dal camerino, a questo punto per fargli spiccare il volo velocemente ho avuto la fortuna di avere con me due ottimi amici e validi collaboratori che ,in piedi sulla torretta, si appendevano come dei tarzan contemporaneamente alla fune e si lanciavano nel vuoto arrivando a terra abbastanza velocemente come del resto velocemente volava via il nostro superman in mezzo a due grosse nuvole bianche e così mentre il nostro modello rimbalzava come un pupazzo appeso ad un elastico a 5 mt da terra oramai fuoricampo io con il radiocomando “spegnevo” gli estintori sperando sempre che fosse l’ultima. Anche in questo caso devo ringraziare mia moglie che in quel di Pisa durante la sperimentazione per testare la tenuta dei cavi (purtroppo senza strappo) e la bilanciatura dell’accrocco si è gentilmente prestata, come spesso accadeva, ad essere appesa al balcone di casa mia.


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