N.B. Dato che il video non ha una sequenza descrittiva consiglio di leggere queste righe per  ricordare o immaginare le situazioni che non ho potuto riprendere.
Chi non ha voglia di leggere può cliccare su questo link diretto solo con
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Nepal.htm      WMV file   per DSL min. 1100 Kbps, DVD quality, 640x480 


NepalR.htm   WMV   per DSL min. 300 Kbps, VHS quality, 640 x 480

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Everest-Nepal               mp4   1300 Kbps, ,768 x 576

Everest-NepalR            mp4     450 Kbps,  480 x 352
 
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Anche a fondo pagina sono presenti i classici link al video.

Katmandu 1350 mt s.l.m., un giorno di Dicembre del 1992.

Arriviamo in serata all'aeroporto dove un'assistente di produzione ci prende in consegna agevolando il recupero dei numerosi bagagli e attrezzatura varia per un comodo e veloce trasferimento allo Yak &Yeti Hotel , doccia, saluti, presentazioni varie e finalmente la cena durante la quale veniamo aggiornati sul programma in base ai sopralluoghi che il reparto regia e produzione stanno effettuando da giorni all'Everest View, il Campo Base1.
Il dopocena oltre che al rilassamento per le lunghe ore di volo serve a soddisfare le nostre curiosità anche con domande da sincero sprovveduto come me preoccupando non poco il capo spedizione abituato ad esperti alpinisti e appassionati di trekking in possesso del giusto corredo di esperienze e non per niente ci ragguaglia anche sulla divisione dei bagagli personali e su cosa avere a portata di mano nello zaino al seguito che la produzione ci ha fornito insieme ad un completo Fila , guanti e sottoguanti , scarponcelli, scarponi da ghiaccio completi di ramponi , occhiali , cappelli , pail ecc. ecc.
Al mattino ritorniamo in aeroporto per il trasferimento all'Everest View dove nell'attesa noto che i bagni hanno le tende invece delle porte e in molti le usano tranquillamente come asciugamani , infatti nel video potete notare che all'altezza giusta sono più scure .
Purtroppo le immagini non descrivono bene il set perché come produzione è stata abbastanza impegnativa e il mio lavoro non comprende le riprese turistiche con la telecamera, al contrario devo fare in modo che tutto funzioni per permettere ai designati di esprimere la loro creatività grazie all'ultimo modello di macchina da presa 35 mm e 3 casse di obbiettivi, mentre la qualità dei miei nastri VHS dopo 15 anni è decisamente peggiorata ma rivedendoli sono più che sufficienti per ricordare quello che a me interessa e che avevo completamente dimenticato.
Il "girato" quindi non è all'altezza della situazione ma da un'idea dell'altezza con i suoi problemi, molti panorami, molti elicotteri e poco fiato. Passare da un Jumbo747 a un piccolo 6 posti è come volare su quello di Topolino, ovviamente il grosso dei bagagli viaggiano a parte ma i nostri zaini al seguito che sono completi anche di strumenti delicati come il Nagra ,macchine fotografiche, telecamere (la mia e se ben ricordo l'unica) riescono a completare il carico, siamo pieni come un uovo e al limite del consentito ..... spero   perché alle prime turbolenze l'effetto Tagadà è una meraviglia.


Il piccolo aereo ci consente però di evitare la sosta a Lukla portandoci direttamente all'Everest View e le immagini ben documentano il nostro atterraggio durante il quale ho creduto che le plance degli strumenti saltassero via dal loro posto mentre la pista a mio parere è un pò cortina per il nostro carico dato che i freni sullo sterrato non rendono molto ma il bravo pilota sfrutta un bel derrapage curvando verso sinistra cosìcche  è già pronto per il decollo e la telecamera si spenge mentre iniziamo a ridere , cambio batteria.
Siamo a 3880 mt s.l.m. .... e si sentono , ma il fascino della situazione minimizza il disagio, in quel momento transita una carovana di yak e sherpa che arriva da non so dove, la speculazione edilizia non ha fatto danni da queste parti, un.... pardon il funzionario dell'aeroporto  in inglese ci spiega che stanno andando a preparare il Campo Base2 ai piedi del ghiacciaio dell'Everest a 5600 mt s.l.m. e infatti sullo sfondo ammiriamo la montagna più alta del mondo, in lontananza, ma molto lontano e per arrivarci devono discendere in una profonda valle, non so quanto profonda perché non riesco a vederlo il fondovalle, e poi risalire l'Everest, guardo meravigliato una giovane donna che si volta verso di noi, è carica come gli yak   e deve camminare per giorni,  grazie alle immagini della mia telecamera ho potuto riconoscerla nella tenda cucina mentre ci prepara la cena.


Ci incamminiamo per il sentiero indicatoci che porta al nostro rifugio e che al momento non sapevo ancora come si chiamasse, chi viaggia per turismo di norma si documenta e sceglie dove andare, mentre noi per lavoro siamo abituati a rispettare gli appuntamenti in aeroporto conoscendo il minimo indispensabile dettoci dalla produzione e partiamo come valige , tanto è loro interesse farci arrivare a destinazione .

Mentre mi soffermo a riprendere il paesaggio l'amico Luciano è già arrivato alla sommità di una collinetta ma non vede traccia di alberghi o simili mi esorta quindi a chiedere ad uno sherpa che si sta avvicinando con un tronco sulle spalle di indicarci la strada , il mio misero vocabolario di inglese dispone di un solo vocabolo al riguardo "hotel" ma gli occhi dello sherpa dicono che ho sbagliato,"prova ancora" mi dicono, aggiro l'ostacolo chiedendo se conosceva il posto dove avremmo dormito,... ora si , c'e solo quello, basta andare avanti.


Per fortuna c'è il video perché descrivere un sentiero di montagna non è il massimo.
Il nostro albergo è una grossa costruzione ovviamente in pietra del quale non ricordo molto ed essendo la nostra prima location non ho avuto tempo per riprendere, subito dopo aver conosciuto il regista e l'assistente prima di pranzo mi indicano dove andava preparata la sorgente , cioè la rocce dalle quali scaturisce l' "Altissima Purissima Levissima", con il sole nel punto giusto e l'Everest come sfondo , unico dettaglio è che da queste parti a questa altezza e latitudine non c'è traccia d'acqua e così i bravi yak risalgono la valle trasportando numerose taniche del prezioso liquido mentre le rocce in vetroresina ce le siamo portate dall'Italia.
Nel pomeriggio comincio ad assemblare il tutto con il grande aiuto di giovani sherpa, abitanti di un villaggio che ero solito ammirare come unica testimonianza umana oltre a noi dalla vetrage panoramica della sala da pranzo.
Come altre volte ci sono problemi di lingua ma fortunatamente la gestualità funziona quasi in tutto il mondo, personalmente mi sono sempre trovato bene in queste situazioni... ma non so loro , interessati seguivano incuriositi senza sapere cosa stavamo facendo, ricordo un giovane sui 20 anni che velocemente e felicemente ha imparto ad usare il trapano avvitatore che non aveva mai visto, mentre io salivo respirando affannosamente loro hanno trasportato tutti i materiali nel punto indicato compresa la tanica in metallo collegata ad un grosso tubo da un rubinetto a saracinesca, posizionate le rocce al volo hanno intuito che dovevano raccogliere molto muschio e piccoli sassi per mascherare la fine delle rocce in vetroresina e abbellire la situazione, a monte nascosta dalle stesse rocce la tanica che fungeva da serbatoio e un tubo di c.a. 10 cm di diametro che si infilava tra le stesse fino ad arrivare  al pertugio dedicato alla fonte.
Al mattino con la luce migliore iniziamo le riprese, scelto l'obbiettivo e l'inquadratura giusta dopo un paio di prove per regolare il volume d'acqua che meglio si addiceva alla situazione tutto è pronto e viene chiesto il fatidico "motore", per essere esatti è un " roll camera" essendo americana la regia e assistenza , se ben ricordo la scena non dura più di 5 o 6 secondi ma la sorgente ha una notevole portata e così ogni volta che ripetevamo la scena il serbatoio principale posto in alto fuori campo andava riempito e la catena umana composta dai bravi sherpa si metteva in moto, uno dei miei compiti era appunto realizzare e coordinare il tutto. Ricordo come dei bambini di circa 12/13 anni portavano tranquillamente le taniche da 20 litri mentre io solo per il fatto di essere accovacciato per meglio nascondermi alla MdP ( macchina da presa ) respiravo affannato solo per aprire e chiudere un grosso rubinetto.
Lavorare con l'acqua a quelle temperature non era semplice, ad esempio nel girare l'inquadratura più importate dove il sig. Messner tenendo in mano un bicchiere d'acqua pronunciava il famoso "Altissima Purissima Levissima" come sempre avviene al "pronti a girare" seguiva : "un attimo per i fuochi, il bicchiere un pò più in alto per favore grazie, ok pronti",
" no , un attimo allora devo anche riposizionare il riflesso di controluce" , e così oltre al fatto che al sig. Messner si gelavano le dita l'acqua dentro al bicchiere dopo 30 secondi iniziava a cristallizzare e si vedeva il ghiaccio in sospensione.


Tutto Ok e arriviamo a sera per la cena nella grande sala con finestra panoramica, suggestivo è dir poco , nel video inquadro il focolare , dà l'idea del caldo ma vi assicuro che in quella sala faceva un freddo cane , per problemi di lingua non sono riuscito a sapere dall'inservienti il perché del tubo che fungeva da canna fumaria e attraversava il tetto in alto a circa 8 m avesse tutto intorno un'apertura e quindi un anello di circa un metro di larghezza attraverso il quale potevamo ammirare un terso cielo stellato , bello si....  ma la sala non si sarebbe mai scaldata
.
L'appetito non manca e finalmente si cena, in giaccone e senza cravatta ma con i guanti, passare dalla chianina alla bistecca di yack è stata una piacevole sorpresa, un pò meno invece scoprire che dopo aver impugnato le gelide posate tenendole in mano non aumentavano di temperatura ma al contrario si gelavano le dita, infatti era talmente intenso il freddo acquisito dal metallo che risultava sempre superiore al caldo trasmessogli dalle mani, adottare quindi la tecnica : tagliare un pezzo di carne, portarlo alla bocca e appoggiare immediatamente le posate e quelli che come me hanno la masticazione lenta si mangiavano anche mezza bistecca fredda.
A parte il freddo cenare   a lume di candela con quello scenario non avrebbe eguali in fatto di romanticismo,  peccato non fosse presente un'adeguata rappresentanza femminile, le candele a malapena permettevano di vedere le carte da gioco, purtroppo il vecchio gruppo elettrogeno veniva attivato solo per questioni di effettiva necessità, importante quindi mettere immediatamente in carica le batterie della telecamera, il caricabatterie faticava non poco dato che la corrente erogata era sì alternata  ma in tutti i sensi , a seconda degli impieghi richiesti si alternava continuamente (leggi saltava) dai 60 ai 90 volt ma ha  resistito fino alla fine, arrivato in Italia ho dovuto buttarlo.
La stanchezza aiuta la decisione di ritirarci in camera pur memori dell' esperienza della prima sera, non è stata infatti delle migliori, nonostante avessi applicato le istruzioni che il dottore ci aveva anticipato e cioè dormire supini perché dormendo su un fianco la cassa toracica si comprime impedendo di incamerare la necessaria percentuale di ossigeno .... e così ero, supino come da manuale ...,  perfetto, peccato che io sia abituato a dormire su un fianco e quindi appena entrato nel profondo sonno inconsapèvole  vado a trovare la posizione preferita e il dottore aveva ragione, dopo pochi minuti mi sveglio respirando affannosamente come se avessi fatto di corsa 100 metri in salita, ritorno supino con la coperta fino al labbro inferiore e il cappello con la tesa quasi appoggiata sul naso , la stanchezza mi aiuta a farmi riaddormentare velocemente, ma dopo 5 minuti stessa storia, avverto anche un leggero mal di testa ma di uscire dalle coperte per trovare l'aspirine non ci penso proprio e mentre sto scrivendo mi ritorna in mente che forse suggestionato dalla cultura del luogo pur essendo io completamente ignorante di meditazione yoga e discipline simili vista la situazione mi ritrovo a pensare e cercando di concentrarmi mi sembrava di vedere il mio pensiero scorrere come due torrenti ai lati della testa,  si riunivano davanti alla fronte per allontanarsi da me come una fune,  incredibile,  io riuscivo a creare e convogliare questo flusso che nell'allontanarsi portava via il mal di testa.
E' una bella sensazione, continuo a concentrarmi ad occhi chiusi su un punto a 2 centimetri dalla mia fronte attraverso il quale il pensiero si allontana da me lasciandomi in un piacevole benessere , e così mi riaddormento, penso anche di aver imparato a rimanere supino, non so per quanto tempo ho dormito ma ho dormito, finacchè mi sveglio per il gran gelo alla testa, nel muovermi avevo perso il cappello.

Mi avvio quindi al corridoio che porta alle camere prontamente seguito da l'inserviente il quale alla meglio mi fa capire che al mattino verrà distribuita acqua calda e mi consegna per la notte la borraccia di ottone rivestita di lana piena di acqua bollente da inserire sotto le coperte per mitigare il gelo iniziale, era veramente una libidine abbracciare finalmente qualcosa di caldo, non l'avrei cambiata con niente al mondo, nemmeno con la Schiffer.... forse ho detto una bischerata ,  sarà perché adesso sto scrivendo con il caminetto acceso alle spalle ma pensandoci bene... probabilmente.....



Al mattino seguente inizia il trasferimento al Campo Base2 a 5600 m s.l.m., è con noi anche il dottore sempre con le bombole di ossigeno al seguito , c'è stato infatti chi è dovuto ridiscendere a Katmandu non sopportando l'affanno continuo , ripeto nessuno di noi è o pratica come sport l'alpinismo... forse dovrei scrivere Himalayanismo .... ma suona male, fate voi.
Due elicotteri sono impegnati per i numerosi viaggi,  il peso trasportabile a queste altezze è esiguo , un'elegante Augusta L3 per i VIP e un vecchio Bell militare , io salgo sul Bell .


Attendo il mio turno mentre gli sherpa fanno rifornimento all'elicottero passandosi numerose taniche , esatto , lo stesso tipo di taniche, uguali a quelle usate per rifornire di acqua la nostra sorgente.... ma non ci voglio pensare... .
Decollo , noterete dalle immagini che la schermatura del vecchio Bell lascia a desiderare e compromette ancor di più la scarsa qualità del mio VHS, importante invece che continui a volare.

Personalmente mi considero un fatalista e di norma trovo inutile preoccuparsi in certe situazioni dato che non puoi far niente per migliorarle....,  se ci sei ci stai e basta , anche quando le pale hanno iniziato a fare un rumore assordante come scoppi di mitragliatrice pesante non ho subito pensato al peggio, però quando i due piloti hanno iniziato a voltarsi indietro guardando con aria preoccupata prima il materiale trasportato e poi insistentemente la mia telecamera....,  ammetto che quella è stata una delle volte che ho pensato " vai... ci siamo".
Ricordo di aver valutato nel tempo i rischi che spesso accompagnano il nostro lavoro, quindi niente da recriminare....,  ricordo però che ho guardato in basso per valutare l'altezza attuale dal greto del torrente a fondo valle, e è bastata un'occhiata per capire che c'èra poco da sperare.
Come dicevo ad un certo momento le pale hanno iniziato a "sparare" mentre non sto riprendendo, peccato perché non posso far ascoltare il rumore veramente impressionante , i piloti parlano concitati mentre scendiamo velocemente di quota, ci fermiamo ad un metro da terra con l'elicottero che ondeggia vistosamente, con l'aria rarefatta è difficile manovrare, a causa del rumore e di lingua non capisco cosa mi dice il secondo pilota in nepalese, si alza viene dietro e inizia a buttare alcuni sacchi casse e il mio zaino fuori bordo e poi mi indica si saltare giù mentre l'elicottero sta ancora dondolando sospeso da terra, non c'è modo di discutere e quindi salto, senza i miei 80 chili l'elicottero reagisce con una bella sbandata , si rialza in una nuvola di polvere, prende quota e se ne va tra le montagne.

Quello che a me sembra un anziano soldato mi viene incontro dopo aver raccolto il leggero sacco delle sete che usiamo come diffusori di luce e il mio cappello segnato dalle pale dell'elicottero , un buongiorno da parte mia nel "mio inglese" seguito da alcune frasi mi fa capire che la conversazione purtroppo finiva lì.
Il rumore dell'elicottero è ormai svanito e mi accorgo della reale situazione, l'essere nuovamente a terra ma soprattutto in posizione eretta mi suscita una giusta euforia , quell'unico soldato che mi sta osservando in silenzio è una gran compagnia, possiamo comunicare tramite sorrisi ma non è poco dato che non so dove sono, spero che l'elicottero non abbia dei problemi , se deve raggiungere un eliporto per le riparazioni ne ha di strada da fare, ma credo che comunque sia in qualche modo mi avrebbero ritrovato,  da come si è alzato penso che il problema fosse il mio peso.
Con la mano indico la mia telecamera chiedendo in pratica se posso riprendere, qualunque cosa abbia capito annuisce e per me è sufficiente, ma non mi sembra entusiasta il che mi induce a ravvisarmi circa la mia situazione e cioè scaricato da un elicottero militare in un imprecisato luogo dell'Himalaya senza la certezza che sarebbero venuti a riprendermi in un tempo ragionevole.

Nell'immane silenzio nasce l'oramai familiare rumore di un elicottero in avvicinamento, vengono a riprendermi, ricarico tutta la mia roba controvento sul Bell  sempre sospeso a 50/60 cm da terra arrancando  poi sulla pedana  per entrare in cabina mentre l'elicottero si inclina verso di me a causa del mio peso e poi via... sempre più in alto ... ops.. ho sbagliato pubblicità  .


Dopo un breve tragitto atterra ... o meglio si ferma sospeso sfiorando l'enorme sassaia, l'ingovernabilità è evidente ed inoltre non possono rischiare di fermarsi spengendo il motore oppure diminuire troppo i giri del motore , da come ci hanno riferito la percentuale di ossigeno presente nell'aria è troppo bassa e potrebbe non permettere alla turbina di riavviarsi.

Sto ricopiando gli appunti scritti 15 anni orsono in aereo durante il rientro in Europa e mi rendo conto di aver oramai dimenticato l'80% dei dettagli , sono felice di averli ritrovati anche se la mia calligrafia è spesso indecifrabile soprattutto se scritta velocemente nel tentativo di riportare tutto quello che mi veniva in mente nonostante pochi fossero i giorni trascorsi dall'accaduto,  il tutto è stato distribuito su fogli singoli di misure diverse che avevo a disposizione a bordo , inutile dire che ho impiegato il pomeriggio a ricostruire e numerare la sequenza di quei fogli che riportano senza ordine temporale più situazioni nella stessa pagina.


 Scendo piegato sotto le pale poiché i dislivelli le rendono pericolose, è sufficiente distrarsi un attimo e salire verso monte su un mucchio di sassi per ritrovarsi energicamente spettinato dalle pale , mentre salto giù sul terreno accidentato l'affanno il rumore e il vento gelido generato dalle pale non contribuiscono di certo alla concentrazione.
Durante la lavorazione di un film un bravo capo macchinista romano mi disse mentre ero appeso a delle funi che scendevano da un tetto e cercavo di coprire il sole con dei panni neri per "legare" la ripresa all'interno di una stanza con quella del giorno precedente priva di sole : "Un te preoccupà, noi der cinema c'avemo sette vite ,...come i gatti".

Sinceramente dopo 23 anni di questo lavoro non mi sento di contraddirlo.  ( N.d.r. i 23 anni si riferiscono a quando stavo scrivendo gli appunti, al momento sono 38 ).

             

Mi avvio lentamente verso il campo base situato a c.a. 200 m  più in alto, il massimo che posso portare è la telecamera che pesa quanto una BL a Milano, avanzo soffiando come una pentola a pressione agli occhi divertiti degli sherpa che mi sorpassano con 30 Kg attaccati alla fronte e la sigaretta in bocca. Raggiunte le tende un tè caldo è quello che ci vuole mentre i porters proseguono agili verso il set alla base del ghiacciaio, il panorama circostante è stupendo e chiede di essere ripreso, con macchina a mano come sempre inizio una lenta panoramica che per maggiore stabilità richiede lo stato di apnea ma dopo pochi secondi l'impellente necessità di respirare a pieni polmoni ha reso l'inquadratura simile a quella della costa fatta da una barchetta con il mare increspato.


Sono le 10 del mattino e l'organizzatore italiano si consiglia con il capo dei porters riguardo al tempo, le previsioni basate esclusivamente sull'esperienza umana non sono buone , siamo d'inverno e il rischio di una nevicata non è lontano, visto il luogo capisco le loro preoccupazioni, giù all'Everest View c'è già un forte vento mentre le nuvole ( che non sono basse ) hanno ridotto la visibilità a zero, stanno valutando di anticipare l'evacuazione del campo base .......

/ mi distraggo un attimo a favore di una hostess stupenda che mi serve un cognac, questo perché non è come nei film , trovare una hostess piacevole è sempre più raro /
........in 2 giorni con un massimo di 2 persone a volo sono arrivate sul ghiacciaio circa 20 persone quindi il rientro richiede tempo.

Il sole si è velato e il vento freddo mi spinge dentro una tenda dove una ricetrasmittente richiede specifici accessori per un cambio inquadratura, esco per indicare ai porters le valigie richieste da portare al ghiacciaio mentre uno di loro arrivando da un elicottero mi porge un foglio , so che non è indirizzato a me ma essendo scritto in italiano in quel momento soltanto io potevo capire a chi era diretto e leggo che viste le condizioni del tempo e della troupe dopo una notte praticamente insonne dentro le tendine igloo dispensano i diretti responsabili dalla realizzazione di una inquadratura bella, valida ma sostituibile, sul retro leggo il nome del destinatario e gliela faccio recapitare immediatamente.


Finito di inviare anche il materiale che mi riguarda mi incammino verso il set, vedo da lontano che stanno issando con una corda la macchina da presa dal lago formatosi alla base del ghiacciaio verso un costone di ghiaccio situato a c.a. 10 metri più in alto, ma uno sperone impedisce la delicata manovra, viene ricalata e presa in consegna da uno sherpa che per altra via raggiunge il punto prestabilito.
Durante una delle inevitabili soste di recupero fiato mi rendo personalmente conto che un fatto è acclimatarsi per un certo periodo ad alta quota allenandosi e poi salire lentamente a piedi una montagna e un conto è ritrovarsi nel giro di tre giorni a lavorare a 5 o 6 mila metri.... e le facce dei miei amici dopo una notte a -20 - 25 trattenendo al massimo i vari stimoli per non uscire dal sacco a pelo e dalla tenda avvalorano queste considerazioni.
Il lavoro è iniziato all'alba e adesso alcuni di noi non sembrano arrivati fin lassù in elicottero ma buttati giù da un treno in corsa, l'assistente alla MdP è sempre in movimento, dopo aver sostituito lo zoom con un 200 mm si distende sui sassi combattendo il mal di testa che attanaglia quasi tutti, dalle labbra screpolate il sangue dipinge gli incisivi, mi guardo intorno e le uniche facce tranquille sono quelle dei porters che bevono e fumano tranquillamente.


Cerco di rendermi utile ed è il mio lavoro spostare una bella quantità di materiale, istintivamente mi muovo veloce secondo il mio modo di fare ma subito oltre all'affanno sboccia il mal di testa ed al primo break .....
( n.d.r. degli appunti che seguono non ricordo niente , niente della tecnica artigiana del chicco di granturco come della mia fronte riflessa in uno specchio , ma non li elimino, chissà se rileggendo in altro momento possa resuscitare l'episodio generatore)
.....rimetto in atto la tecnica artigiana del chicco di granoturco ( appena arrivo a casa mi mangio un chilo di polenta), è però difficile alla luce del giorno in mezzo a tanta gente vedere la propria fronte riflessa nello specchio ed i raggi della mia mente che da un cm più il alto delle mie sopracciglia partono convergendo nella fronte riflessa ed entrano nel chicco di granturco che a volte mi sembra la pietra turchese di un ciondolo entro il quale i raggi entrano come l'acqua nello scarico del lavandino. Non avevo mai avuto bisogno di inventare una tecnica del genere ma la disperazione delle notti precedenti ha evidentemente stimolato la mia arte di arrangiarmi.
Comincio a credere che ci sia qualcosa di vero nello yoga e discipline simili che non conosco ma che tanto diffuse sono da queste parti.

Da più di 4 ore sto scrivendo, stiamo per sorvolare il Mar Nero e visto che l'aereo sta volando a 10.000 m ma è pressurizzato a quota 2800 la considero un' altezza apprezzabile per ritentare l'intrigante tecnica provando a rilassarmi con il padre della polenta sperando che funzioni ancora, dopo vi dico.
Non ha funzionato un granché, solo per brevissimi istanti sono quasi riuscito ad ottenere la concentrazione necessaria, forse a causa del rumore costante dell'aereo, forse è possibile solo in caso di mal di tesa oppure perché l'altezza artificiale troppo misera inibisce l'esperimento, vorrà dire che al mare dove abito in caso di bisogno prenderò un caschet (non so come si scrive ).
Rettifico, dal monitor di bordo che illustra la rotta comunicandoci altezza, velocità e temperatura esterna vedo che abbiamo compiuto una leggera virata a sinistra e punta su Ankara.

Ghiacciaio :
Rientrato il mal di testa comincio a preparare l'accrocco per l'inquadratura successiva insieme a Stefania responsabile della scenografia, il tempo per il momento ci sta graziando ed il regista con l'aiuto vengono verso di noi per poi dirigersi verso il centro del lago ghiacciato e stabilire il punto di vista dell'inquadratura, al seguito partiamo io e il boss dei porters sorreggendo insieme l'accrocco costituito da una stanga di legno dove su più piani sono state fissate le stalattiti artificiali di perspex, copia fedele di quelle vere in ghiaccio, il tutto sostenuto da due treppiedi laterali ad altezza regolabile.

 Ricordandomi che al mattino arrivando ho attraversato il lago ghiacciato passeggiando come se fossi sul lungomare e più volte ho rischiato  proseguire di pancia come un pinguino adesso nel camminare tiravo quà e là il boss guardando bene di camminare dove era presente la neve fresca giacché in caso di caduta le fragili stalattiti spezzandosi non avrebbero permesso di realizzare l'inquadratura , buttando oltretutto al vento 6 milioni di lire in perspex.
Piazzata la macchina da presa a pochi cm da terra e alzando la staggia che sostiene le stalattiti il regista ottiene come sfondo l'enorme ghiacciaio che termina formando il lago ghiacciato sul quale stiamo lavorando, per aumentare il contrasto ed eliminare le riflessioni dei nostri corpi sulle pareti a specchio delle stalattiti viene steso un panno nero di 16 m quadrati dalla stanga a scendere e coprire tutti noi e la MdP appoggiandolo sulle nostre teste, mi è stato riferito poi da i non addetti ai lavori che la situazione era di un contrasto al limite del comico rispetto al paesaggio circostante , non so se riferito all'aspetto scenografico o al gruppo di individui con un panno nero in capo a 6000 m s.l.m. dove tutto era bianco.

Gli appunti finiscono qui ma ricordo che sulle stalattiti dovevano scivolare numerose gocce d'acqua per poi staccarsi a cadenza regolare e devo precisare che la presenza e l'azione delle gocce d'acqua sulle stalattiti mi è stata comunicata solamente la sera precedente dopo la cena all'Everest View dal regista americano, non so dire se fosse un'ispirazione dell'ultimo momento o probabilmente già discussa in fase di PPM (riunione)  sottovalutando questa importante situazione e dimenticandosi di aggiornarmi,  come già detto gestire l'acqua a queste temperature non è semplice , se ai 4000 della prima location l'acqua dentro un bicchiere si cristallizzava nell'arco di 20/30 secondi difficilmente su un ghiacciaio a 5800 una goccia sarebbe scesa lungo la stalattite per staccarsi a cadenza regolare seguita dalle altre .... e non puoi tagliare l'inquadratura , l'acqua è la nostra protagonista.

Nel dopo cena durante la richiesta delle gocce avevo la CPU totalmente impegnata a tradurre le istruzioni in inglese/americano dell'aiuto regista e del regista circa i tempi la quantità e la disposizione delle gocce, praticamente la recitazione,  ma subito dopo ho realizzato il problema dell'immediato congelamento delle gocce stesse, ho preferito però non creare allarmismo ma soprattutto evitare una complicata discussione tecnica in inglese oltretutto sulla prima digestione, mi sono perciò avviato nell'angolo occupato da un vecchio armadio contenente alcune bottiglie e per questo definito angolo bar.

L'angolo bar è un ambiente a me favorevole per la meditazione e come spesso accade favorisce l'ispirazione... risolto!!!
La prima sera avevo casualmente ( ) notato una bottiglia di Gin ...., perfetto..., trasparente come l'acqua ...., quel pizzico di densità in più che aumenta la rotondità delle gocce e giustamente alcolico da non congelare ...., per non parlare del profumo coinvolgente. Avverto il responsabile della cambusa e con una semplice firma per problemi logistici la bottiglia di Gin si trasferisce nel mio zaino.

Stop , il regista nonché direttore della fotografia si alza in piedi porgendo la mano e ringraziando, è finita, siamo solo in 5 mentre le nuvole oscurano il sole, smontiamo velocemente imballando alla meglio le stalattiti nelle coperte dello Yak&Yeti hotel di Katmandu. Torniamo alle tende dove riuniamo i bagagli personali mentre i porters sembrano formiche sullo scosceso sentiero che porta all'elicottero, nell'intento di partecipare decido di portare il mio zaino contenente anche numerosi attrezzi da lavoro ma presolo in mano dopo uno sguardo ai 200 mt di dislivello sui sassi mi passa la voglia di fare l'eroe. Arrivato in fondo seduti per terra ci sono il regista e l'operatore, mi unisco a loro. Durante il giorno avevo preavvertito che al ritorno come elicottero avrei preferito il civile Augusta L3, l'esperienza sul vecchio Bell militare era più che sufficiente, ed invece eccolo venire su imperterrito dalla vallata, non so che fare quando il pilota sfiorando il terreno mostra una mano con 2 dita alzate ma non per dire "Vittoria" nel senso che ce l'ho fatta anche stavolta , ma per avvertire che possono salire solo 2 persone e la precedenza spetta ovviamente agli americani, mi risiedo soddisfatto a gustarmi la mia vittoria che purtroppo si tramuterà in una vittoria di Pirro.


Mentre aspetto il mio turno mi raggiungono il capo spedizione italiano e il suo aiuto, stanno valutando che a causa della nebbia e dell'esiguo carico trasportabile sarà impossibile recuperare tutto il materiale in serata.
Con l'Augusta io e l'aiuto sbarchiamo a quota inferiore con il bagaglio permettendo così all'elicottero di tornare al campo base2 per recuperare altro materiale e da qui iniziare la parte più lunga del ritorno all'Everest View con un carico maggiore, ne approfitto per riprendere due giovani donne che vivono felici fuori dal mondo.


Eccolo che arriva pieno di valige della macchina da presa, raccolgo il mio zaino e la telecamera ma i piloti con cenni decisi fanno capire che devo lasciare a terra il bagaglio, pazienza, non me ne frega assolutamente niente della mia roba, l'importante è rientrare.
Cominciamo a scendere seguendo il corso di un torrente in una stretta gola che si apre poi in una vallata colma di dense nubi, il pilota è costretto a volare rasoterra scivolando sotto la coltre di nuvole per mantenere l'orientamento. Ad un certo punto le nuvole si uniscono al terreno , non abbiamo alternativa ed entriamo nel nulla, fortunatamente siamo su un elicottero e non un Piper, il pilota riduce di molto la velocità iniziando a girovagare alla ricerca di un varco , devo confessare che volare alla cieca non era entusiasmante, ci diranno poi che in un isolato monastero hanno sentito passare più volte un elicottero , non troviamo infatti via d'uscita ma in un secondo la nebbia sparisce scoprendo un versante roccioso molto vicino a noi , troppo, e ci viene incontro velocemente, il pilota ha impennato ed è solo fortuna se abbiamo ripreso quota passando a non più di 20 metri dalla montagna dopodiché avvistato uno spiazzo si affretta ad atterrare ma essendo il pianoro notevolmente inclinato e sempre per l'ingovernabilità ad alta quota l'elicottero ad ogni tocco del pattino rimbalza e tende a scivolare a valle, riusciamo comunque a fermarci.
I piloti conversano via radio non so con chi per alcuni minuti mantenendo il motore a regime ma dopo alcuni istanti spengono e scendiamo in silenzio, non una parola nei primi 5 minuti, eravamo tutti coscienti che è mancato veramente poco a finire sui giornali. Devo ammettere che la tranquillità non è la prerogativa di questa giornata, provo a sbloccare la situazione con l'ovvia domanda :
" E adesso ? "
"Aspettiamo",
a occhio avremo ancora un'ora di luce, silenzio,
"Sorry, ma quanto aspettiamo ? "
" Fino a quando non se ne vanno le nuvole"
"E se non se ne vanno ? "
"Dormiamo qui ".

L'idea di passare la notte chiusi dentro un elicottero sperduti tra le montagne senza niente per coprirsi non mi andava proprio, mentre accendo un'altra sigaretta vedo in lontananza attraverso una gola oltre la profonda valle alcune case, lo riconosco, è il villaggio sherpa che guardavo sempre dalla sala del nostro "Albergo" Everest View da 250 dollari a notte senza riscaldamento e acqua calda ma unico nel vantare 2 dita di ghiaccio all'interno delle finestre, basandomi su quello, le montagne circostanti e il mio punto di vista attuale ne deduco che l' albergo deve essere in alto sulla montagna alla mia sinistra, difficile dire quanto in alto e quanto distante ma la direzione è quella.


Ho agito da incosciente, probabilmente non conoscendo i rischi, forse perché fino a quel momento ho visto in giro solo yak, ma in quella situazione ho salutato i piloti dicendo che provavo ad arrivare a piedi in hotel e mi sono infilato in un sentiero su per i boschi senza valutare che secondo empirici calcoli avrei potuto sbagliare direzione e altrettanto facilmente perdermi mentre la luce diminuiva.
Cammino da circa mezzora e non ho sentito ancora l'elicottero alzarsi, non ricordo e non so se riuscì a rientrare la sera o il mattino dopo, ma ricordo che incredibilmente in quel deserto montuoso ad un certo punto sul sentiero ho incontrato un taglialegna sherpa al quale ho rivolto solo due parole "Everest View" al che mi ha indicato di proseguire in salita facendomi capire che non era affatto vicino.

Che bel regalo sapere che ero nella giusta direzione, non era un problema camminare anche se oramai era quasi buio, chissà cosa avrà pensato lo sherpa nel vedere un europeo con un completo griffato Fila celeste da alta montagna ma senza zaino arrivare dalla valle , mentre il mio dubbio atroce, che ben ricordo, era : "Avrà capito cosa intendevo per Everest View ? Conosceva quel posto con quel nome ? E se non capendo mi avesse semplicemente detto di proseguire?
E' buio ma un velato fortuito chiarore di luna arriva sul sentiero sassoso e così dopo non so quanto arrivo nella radura che ospita il nostro hotel, la maggior parte della troupe visibilmente provata da questi giorni si è già ritirata mentre nella sala sono presenti solo gli amici rimasti al campo base1 e che mi salutano:
"Alvaro, dov'eri? non ti avevamo ancora visto"
"A fare due passi !!"

Di buon mattino inizia il rientro a Katmandu, adesso è la volta del poderoso Puma che inizia i viaggi per trasferire il corredo macchina da presa e materiali vari verso Lukla, villaggio famoso per tutti gli appassionati di montagna come punto di partenza per  spedizioni e trekking, il materiale è veramente molto, io parto con il primo viaggio per preparare un punto di riordino e aiutare l'imbarco sui numerosi piccoli aerei .
Non so se è vero ma girava voce che il pilota del Puma era o il figlio o il nipote, non ricordo, dei reggenti del Nepal, non saprei come verificare, persona simpatica e competente che valutava attentamente la risposta al carico prima del decollo.
Non è la prima volta che sono a bordo di un puma ma in questo caso le difficoltà di manovra rendono interessanti le immagini. Sono affascinato dalla miriade di strumenti e dalle numerose procedure che precedono il decollo, ripensando al vecchio Bell mi rendo conto della mole di questo fantastico mezzo , cerco di seguire i particolari ... e mi diletto a riprendere il volto del pilota illuminato dal sole riflesso dal vetro di uno strumento .


Durante il decollo rivedo il villaggio salvatore, mentre voliamo ripenso all'esperienza di set appena trascorsa guardando la fedele telecamera e sovvengo che non sono mai stato presente nelle immagini registrate e così improvviso un autoscatto inquadrando me stesso.


Arrivando a Lukla 2840 m s.l.m. e scusate se insisto nel riportare s.l.m. ma è lì che io abito, a 1,5 m sul livello del mare , in pratica discendo tre scogli ed entro in acqua, meno alta, meno pura e in più salata ma non è un problema visto che da anni e anni per dissetarmi uso solo vino, guardo dall'alto gli edifici con gli infissi blu e la pista di atterraggio in fondo alla quale non posso non notare numerosi resti di aereo ...., a bordo del Puma non è difficile individuare un pezzo di ferro ricordando al tempo stesso una critica situazione di volo vissuta su un vecchio DC10 della Mongolia Airlines quando tutto intorno avevo solo plastica e nel portare la mano nella giusta direzione ho scoperto la fibbia metallica della cintura.


Primo ad arrivare e ultimo a partire trascorro gran parte della giornata girovagando nel villaggio, degno di nota tra le immagini il fatto che i giovani ragazzi e addirittura bambini vengono da subito impiegati nel lavoro anche faticoso, la vita non è facile da queste parti, i più piccoli non hanno problemi a familiarizzare se non fosse per il problema lingua ma con i gesti salutando con la mano cha passa davanti all'obbiettivo riesco a ottenere un saluto dall'incuriosito protagonista che ho eletto come rappresentante degli under 12.


E' già tempo di iniziare a pensare ai souvenir , entro nell'unico piccolo negozio e vengo attratto dalla bellezza dei numerosi foulard ma l'etichetta "Made in India " o "Made in Cina" come sempre non mi permette di comprare , stavo rinunciando quando vedo l'interessante sgabello sul quale sta seduto il negoziante e chiedo il prezzo, mi guarda allibito, non capisce, insisto, dopo un rapido calcolo tenta un " 7 dollari" che pago molto volentieri.


L'attesa per i numerosi voli è lunga e le immagini di atterraggi e decolli si ripetono fino alla noia ma finalmente si parte.



Katmandu

Quelle che seguono sono semplici note da abbinare alle immagini , chi ci riesce è bravo



Mancano pochi giorni a Natale e siamo nuovamente a Katmandu ci vuol poco per rimpiangere gli incontaminati silenzi della montagna, pur essendo a 1300 m  la città è una delle più inquinate dal traffico, soprattutto l' inquinamento acustico è incredibile,  i bambini iniziano presto a lavorare ma presto iniziano anche a comportarsi da adulti come in questa bisca minorile alla luce del giorno .


Sono semplici immagini di vita cittadina interessanti solo perché diverse dalle nostre ma con questo non intendo dire peggiori, molto più squallide le comunità di drogati che troviamo nei pressi delle nostre stazioni ferroviarie.



Il contrasto delle macellerie all'aperto dopo aver visto le immagini di affetto dei bambini per gli animali e il rispetto per le mucche è fin troppo stridente.



Chissà se questa ragazza che si cimenta nel gioco preferito è a conoscenza che dalle nostre parti chi fa altrettanto con una palla viene osannato e pagato  con una cifra che probabilmente supera il bilancio di Katmandu.



Ed ecco la centrale del latte con il reparto pastorizzazione.



Chissà se  da queste parti la parola arrotino esiste solo al plurale visto il lavoro di squadra.



E questo alla faccia degli impomatati orafi di Ponte Vecchio.

Certo che dopo l'Everest le comodità dell'albergo con tanto di auguri scritti sul dolce aiutano lo spirito , molte sono le cose da vedere ma come sempre preferisco la strada ai posti turistici come il monastero delle scimmie.



E infine la cena di Natale con i ringraziamenti da parte del direttore di produzione.

              

Felice ritorno all' Italia e l'amico Luciano mi regala queste immagini chiudendo questo backstage personale al posto mio.

             

Mi scuso per non aver riportato i nomi propri di molte persone ma non li ricordo , Alvaro.

    

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Everest              inserto precedente  del 24/02/2005

Everest view 4000 mt

Il Primo “Altissima Purissima Levissima” La prima location è l’Everest View a 4000 mt di altitudine, ci siamo poi trasferiti nelle tende da campo preparate dagli Sherpa sulle rive del lago ghiacciato alla base del ghiacciaio dell’Everest a quota 5800 per poi girare a 6000 mt.. La seconda foto si riferisce alla seconda serie girata sulle più comode Alpi. E’ evidente che ho lavorato anche come propman oltre che come Key grip, cioè come attrezzista e capo macchinista.

Nella foto sto applicando immacolate etichette alle bottiglie dopo averle raddoppiate con due cartoncini bianchi ritagliati manualmente  con la massima precisione possibile condizionata dal luogo e le mani congelate senza guanti,  per il fatto che inquadrandole in controluce  il sole che arriva diretto da dietro la bottiglia rendeva illeggibili le scritte ... per le quali tutti noi ci trovavamo in questa situazione

Gli addetti ai lavori avranno riconosciuto anche il cubo rosso del cinenoleggi Nane arrivato così in alto .


Inutile dire quante pagine sarebbero necessarie per raccontare la bellissima esperienza Everest con i vari problemi tecnici e ambientali, chissà se troverò il tempo per montare le numerose VHS del mio making of personale, questa foto comunque si riferisce alla seconda edizione girata nella più comoda Cogne.


Uscita Casei Gerola

Mulino Bianco
Dai 6000 mt alla Pianura Padana, con un paio di elefanti e qualche palma finta giriamo il materiale che verrà poi inserito con la post produzione nelle inquadrature già girate nella piazza di Torino.


  



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